IL VOLONTARIATO E L INSERIMENTO DEI DISABILI NELLA SOCIETA'

09.07.2014 12:52

IL VOLONTARIATO E L’INSERIMENTO DEI DISABILI NELLA SOCIETÀ

 

In Basilicata intorno agli anni ’80 nacquero le prime associazioni di volontariato comprese quelle che si occupavano di handicap.

Non si trattava di persone che si riunivano una volta ogni tanto, ma gruppi organizzati, con un preciso obiettivo, una strategia e una formazione permanente.

Erano associazioni solidali, attente al territorio, ma anche vigili e critiche verso le istituzioni che non garantivano il miglioramento delle condizioni di vita delle persone affette da disagio e da disabilita. Le associazioni che si occupavano di disabilità si accorsero di una situazione molto critica, e i fronti su cui associazioni ed enti regionali dovevano collaborare o a volte interloquire erano e sono molti, dall’abbattimento delle barriere architettoniche, alla richiesta di ausili e personale nella scuola in cui erano inseriti i disabili, al miglioramento delle prestazioni sanitarie, di terapia e socio-assistenziali.

Fin da subito le associazioni di volontariato e gli enti di categoria chiesero di partecipare alle scelte degli Enti Locali preposti all’ emanazione e applicazione di leggi utili per un’integrazione dei disabili in tutti i campi di vita. I volontari, che erano genitori, insegnanti o disabili stessi, si resero conto che le loro richieste non erano ascoltate  perché non vi era di fondo una cultura dell’integrazione e capirono che dovevano prendersi l’impegno di sviluppare un nuovo modo di pensare e vivere il disagio e la disabilita.

Molte sono state le iniziative volte alla sensibilizzazione, convegni, tavole rotonde, presentazioni di libri scritti da disabili che “ce l’avevano fatta”.

Negli anni furono organizzate mostre fotografiche sulle barriere architettoniche presenti a Potenza o in altri paesi, ma ciò che mancava era la possibilità di partecipare attivamente alle scelte degli Enti.

Nell’84 alcune associazioni raccolsero le firme in regione per una legge di iniziativa popolare che riguardasse l’handicap, che poi divenne la LR 38\84. Fu questa forse la prima volta in cui un disabili, genitori e operatori, si “appropriarono” di uno strumento proprio della politica e non senza resistenze da parte dei governanti dell’epoca, riuscirono a far passare una legge, che scritta dai diretti interessati, andava a toccare puntualmente i temi dell’integrazione scolastica, lavorativa, della formazione, del trasporto, dell’assistenza.

Dopo l’approvazione ovviamente iniziò l’impegno a prenderla in considerazione a farla rispettare, possibilmente in ogni sua parte.

Nel 97 la regione emanò la legge 7 che prevedeva il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche,  sempre su precisa indicazione delle associazioni che si occupavano di handicap, in cui sono previsti finanziamenti anche per i computer che rendono più facile alle persone disabili la comunicazione La legge quadro 266\91 che norma il volontariato diede la possibilità ai volontari di partecipare attivamente alle scelte della regione a cominciare dalla stesura delle varie leggi regionali sul volontariato, alle quali parteciparono componenti di varie associazioni, comprese quelle che si interessavano di handicap. La legge 266 dava anche la possibilità di entrare a far parte di 2 organismi significativi per la partecipazione alle scelte della regione e cioè l’Osservatorio sul volontariato,(che pur tra alterne vicende ha inciso sulle scelte degli enti,)

e il Comitato di gestione (formato da consiglieri regionali, rappresentanti delle associazioni, rappresentanti di banche) nel quale si ripartivano i fondi che la regione poteva usare per progetti ecc. Man mano che il volontariato diventava più sicuro di sé si rafforzava la convinzione che uno dei compiti, era quello di mediare tra enti e persone con disagio o con disabilità per ottenere il massimo possibile in termini di miglioramenti di vita, e se questo ruolo di mediazione era fatto da un disabile diventava ancora più pregnante.

In questo senso vanno le partecipazioni dei rappresentanti dei disabili nel comitato tecnico previsto dalla L.68\99 e nella Commissione Permanente Per l’Impiego dove si decidono le politiche per i disabili. Negli anni vari rappresentanti di associazioni di disabili hanno partecipato ai tavoli di preparazione dei piani socio assistenziali apportando contributi importanti per l’approvazione di servizi utili alle persone handicappate. Nella legge regionale di riordino 14 febbraio 2007, n. 4 “Rete regionale integrata dei servizi di cittadinanza sociale” che precede il piano socio sanitario della regione sono inseriti alcuni concetti che sono molto cari ai volontari come l’affermazione dell’eguale dignità sociale delle persone e garantire l’effettiva tutela dei diritti di cittadinanza, il favorire un accesso incondizionato alle opportunità di partecipazione attiva alla vita sociale, di affermazione dell’autonomia personale e di autorealizzazione dei progetti di vita di ciascuno; il perseguimento, l’eliminazione o la riduzione progressiva all’interno della comunità regionale delle condizioni di rischio, di svantaggio, di vulnerabilità, di insicurezza e di emarginazione, il rafforzamento delle basi della coesione sociale e familiare e la promozione di condizioni di sicurezza, di stabilità delle relazioni e di mutua solidarietà; l’ assicurare unitarietà e continuità di risposta ai bisogni di sostegno, di cura, di assistenza, di salute e di benessere delle persone e delle famiglie, attraverso l’impegno congiunto e coordinato delle istituzioni, delle strutture di servizio, delle comunità locali e delle formazioni socialil’ esaltazione del valore degli investimenti sociali ai fini della qualificazione e dell’espansione dell’economia regionale, sostenendo in particolare la crescita dell’economia sociale e l’affermazione di un modello regionale di sviluppo socialmente e territorialmente sostenibile. Quale sarà il ruolo dei volontari che si occupano di disabilita adesso? Certamente quello di vigilare sulla concretizzazione di queste ipotesi di lavoro della regione e partecipare facendo intendere le proprie necessità ma anche la disponibilità ad interloquire fattivamente con l’ente regione o con altri enti con i quali è possibile realizzare dei servizi non ghettizzanti, e utili al miglioramento della vita di tutti.

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